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product-market fit

 

La seconda fase del Customer Development, cioè la Customer Validation, ha come obiettivo principale, come suggerisce il nome, quello di validare definitivamente l’idea di business.

Per fare ciò, dopo aver creato il nostro MVP e progettato il modello di business, dovremmo preoccuparci di distribuirlo ai nostri early adopter per poter valutare il loro grado di interesse e coinvolgimento.

Questa fase di distribuzione preliminare è denominata traction: a seconda del suo andamento e di vari altri indicatori, potremmo finalmente decretare se il progetto ha raggiunto il fatidico Product-Market Fit, che rappresenta una sorta di “spartiacque” tra i progetti in fase di lancio e di crescita, e quelli su cui invece bisogna continuare a testare e ottimizzare il proprio modello di business, prima di poter passare ad attività più avanzate.

In altre parole, il Product-Market Fit è quello stage che una startup raggiunge quando il proprio prodotto viene apprezzato e utilizzato dal proprio mercato di riferimento in quanto soddisfa un’esigenza o risolve un problema percepito dal target medesimo.

Concentriamoci su alcuni indicatori principali che attestano il fatto che un determinato business ha raggiunto effettivamente questa fase.

 

Le metriche chiave del Product-Market Fit

Il Product-Market Fit rappresenta una tappa intermedia fondamentale per il percorso di crescita di una startup, ecco perché abbiamo bisogno di una serie di metriche che ci possa confermare il suo raggiungimento. 

Ci sono innanzitutto 4 metriche preliminari che ogni business online può misurare come filtro iniziale.

Stiamo parlando di:

  • bounce rate;
  • tempo medio sul sito web;
  • pagine per sessione;
  • visitatori di ritorno.

Il primo valore è il tasso di rimbalzo del sito web e indica la percentuale di sessioni in cui il visitatore abbandona il sito web dopo aver visionato una sola pagina per pochi secondi, generalmente meno di 30s.

Quindi un valore basso del tasso di rimbalzo può significare che l’aspettativa iniziale del visitatore è almeno in parte soddisfatta.

Un valore alto del tempo medio sul sito web e del numero medio di pagine visitate per sessione indica che l’utente è potenzialmente interessato al nostro prodotto o servizio e sta presumibilmente cercando maggiori informazioni su di esso.

Infine una percentuale elevata relativa al numero di visitatori di ritorno mostra un grado di coinvolgimento certamente positivo da parte dei nostri utenti, il cui alto livello di soddisfazione li porta a tornare sulla nostra piattaforma web.

Se i valori di queste 4 metriche stanno sopra la media, ci sono dei buoni presupposti per poter raggiungere il Product-Market Fit.

Si tratta però generalmente di una condizione necessaria ma non sufficiente. Abbiamo bisogno di altri indicatori ancor più incisivi.

Questa volta si trattano del:

  • Net Promoter Score
  • Must-Have Score

Questi due indicatori vengono raccolti grazie ai survey, perciò è importante programmare i momenti di invio di questi sondaggi.

Infine non può essere omesso l’indicatore più importante in assoluto, ovvero i ricavi.

D’altronde generare ricavi, e quindi farsi pagare per utilizzare il proprio prodotto, è la forma più importante di validazione.

Possiamo considerare indicativamente un business sostenibile da un punto di vista economico se il Customer Lifetime Value (CLV), il valore medio dei ricavi che riusciamo a generare durante tutto il ciclo di vita del cliente, cioè da quando paga per la prima volta fino al suo abbandono definitivo, ha un indice maggiore di 3x rispetto al Customer Acquisition Cost (CAC), il costo medio per acquisire un cliente.

Prima di concludere, vediamo nel dettaglio in che cosa consistono il Net Promoter Score e il Must-Have Score.

 

Il Net Promoter Score (NPS)

Il Net Promoter Score è una metrica molto nota per chi si occupa di marketing.

Consiste in sostanza nel porre la seguente domanda agli utenti:

“Con quale probabilità consiglieresti [NOME-PRODOTTO] ad amici e colleghi?”

Il singolo utente seleziona un valore tra 0 e 10 che indica il grado con cui tale persona è portata a promuovere, tendenzialmente in maniera spontanea, il nostro prodotto ad altre persone che conosce.

Una volta ricevute tutte le risposte, le si raggruppano in 3 segmenti: 

  • i detrattori (voti da 0 a 6): coloro che non sono motivati a spargere la voce;
  • i passivi (voti 7 o 8): quelli abbastanza indifferenti rispetto a un’eventuale azione di passaparola;
  • i promotori (voti 9 o 10): gli utenti che invece sono talmente soddisfatti del nostro prodotto a tal punto da promuoverlo in maniera spontanea alla maggior parte delle persone in contatto con loro.

Il punteggio finale è ottenuto dalla differenza delle percentuali dei promotori e dei detrattori, come descritto dalla seguente formula:

NPS = %Promotori – %Detrattori

Perciò il valore può oscillare nel range tra –100 e +100, ovviamente più l’indicatore tenderà a +100, più alto sarà il livello di soddisfazione della clientela e di conseguenza più probabile sarà il passaparola generato verso altre persone.

Il Must-Have Score

Un’altra metrica importante per la fase di indagine sul livello di compatibilità del nostro prodotto rispetto al mercato di riferimento è rappresentata dal cosiddetto Must‐Have Score, conosciuto anche come “Metodo Sean Ellis”, dal nome di chi l’ha ideato, o ancora “regola del 40%”.

Anche questo indicatore si basa su una domanda, questa volta a risposta multipla, posta anch’essa durante la somministrazione di un survey.

Si chiede al cliente infatti:

“Come ti sentiresti se da domani [NOME DELTUO PRODOTTO] venisse ritirato dal mercato?”

Le possibili risposte sono:

  1. molto deluso
  2. un po’ deluso
  3. indifferente
  4. non uso più il prodotto

Se più del 40% degli intervistati indica la prima risposta, che denota massimo disappunto per l’uscita del nostro prodotto dal mercato, questo rappresenta in realtà un segnale molto positivo, in quanto le persone percepiscono il nostro prodotto come un “must-have”, qualcosa che è necessario avere per risolvere un dato problema, piuttosto che un “nice-to-have”, qualcosa di utile ma non indispensabile per rispondere a un’esigenza in particolare.

Sean Ellis sostiene che per la sua esperienza ottenere un risultato simile può equivalere ad aver raggiunto il Product-Market Fit e che questo evento è indispensabile come pre-condizione per potersi concentrare allo sviluppo definitivo della prima versione ufficiale del prodotto e in generale alla sua crescita.

In altre parole, la metodologia del growth hacking funziona specialmente per le aziende post Product-Market Fit.

In effetti, pensiamoci un secondo, che senso avrebbe testare vari canali e strategie su un prodotto pessimo o su un mercato non ricettivo? La risposta è pressoché scontata.

 

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