Il Growth Hacker rappresenta un nuovo tipo di figura professionale, molto richiesta dalle startup.
Nel primo articolo di questa serie di 10 post, abbiamo visto che cosa significa il termine Growth Hacking, andando ad analizzare quella che è l’area principale di competenza.
Nei prossimi post analizzeremo nel dettaglio tutti gli aspetti specifici, i processi e le operazioni effettuate dai Growth Hacker, cercando sempre di riportare considerazioni utili e pratiche per chi vuole avvicinarsi a questo nuova tipologia di digital marketing, nonché semplicemente di mindset.
In questo articolo invece ti presento le 7 verità che descrivono alcune delle caratteristiche principali di un Growth Hacker.
Un Growth Hacker deve essere necessariamente un programmatore? Si tratta di una figura professionale che va contro i principi etici? Un digital marketer non può essere un Growth Hacker?
A queste e ad altre domande verrà fatta chiarezza all’interno del post.
Direi che possiamo iniziare… ma non prima di non aver messo un like all’articolo.
Fidati, ne varrà la pena! Capirai una volta per tutte su cosa si basa il profilo ideale di un Growth Hacker!
E allora mettilo questo like e rendimi felice, fallo ora! Grazie in anticipo 😉
Ok, direi che ci siamo.
Let’s start!
#1 Un Growth Hacker può anche non essere un programmatore
E’ comprensibile che si faccia spesso questo errore, cioè considerare che un Growth Hacker debba saper programmare, data la diretta dipendenza tra codice e obiettivi di hacking da raggiungere.
Detto ciò, è però fondamentale che abbia uno o più colleghi programmatori all’interno del suo team.
Molte feature, che mirano alla crescita esponenziale della base utenti, richiedono conoscenze di coding, non che debbano per forza essere sviluppate dai growth hacker!
Gagan Biyani, co-founder di Udemy, disse in una conferenza sul Growth Hacking: “I don’t believe growth hackers must be formal engineers where many of the most well-regarded growth hackers don’t code regularly”.
Vorrei arricchire questa affermazione con un esempio.
Immagina che un growth hacker abbia un piccolo team all’interno di una startup, composto da uno sviluppatore front-end, un back-end e se stesso.
I due programmatori hanno sempre studiato e approfondito tematiche tecniche di coding.
Non hanno quindi mai affrontato discorsi relativi alla crescita di una base utenti e argomenti affini.
Quindi, il primo giorno di lavoro del team viene sfruttato dal growth hacker per parlare singolarmente ai due sviluppatori e spiegargli quanto sia fondamentale monitorare gli eventi all’interno del sito, utilizzando dei tool di Event-based Analytics, come ad esempio Mixpanel.
Successivamente il growth hacker predispone una lista di eventi da tracciare (signup, referral, click su elementi specifici, etc) e li passa agli sviluppatori, che implementeranno il codice relativo sul sito web.
Passano i giorni e le settimane, il growth hacker crea i funnel (vedremo in un prossimo articolo di che si tratta) sempre con Mixpanel e aggrega così i dati precedentemente raccolti.
Riunisce gli altri membri del team e gli mostra i risultati dei test.
Decidono così di focalizzarsi sul tasso di conversione della signup form per visitatore unico ed analizzarlo.
L’ipotesi del growth hacker è che la maggior parte della gente non si registra al sito a causa di un copywriting di bassa qualità, che non spinge il visitatore ad iscriversi.
Perciò, decide di riscrivere i messaggi testuali puntando su un tipo di creatività più diretta e convincente, e fa in modo che il developer li inserisca nel sito.
A seguito di questa modifica, il conversion rate balza ad un +13% di persone che si sono registrate alla piattaforma web.
Il team è stato responsabile di questo “hack” ma ti faccio una piccola domanda, praticamente retorica.
Chi è stato il vero artefice di questo trend positivo, che ha reso possibile tale crescita della user base?
Esatto, proprio lui, il growth hacker.
Questo breve esempio dimostra il fatto che un growth hacker non deve necessariamente saper programmare.
Anche se ovviamente male non fa, anzi! 😉
#2 Anche i digital marketer possono fare Growth Hacking
Il Growth Hacking è sicuramente una parola molto abusata ultimamente, un po’ come lo è stato in questi anni il termine startup.
Il Growth Hacking è diventata una sorta di religione tale per cui i marketer vengano visti come se fossero di un settore opposto. Ma non è così.
Infatti, il growth hacker è semplicemente un marketer che ha ristretto il suo raggio d’azione in modo tale da potersi dedicare esclusivamente ad un solo obiettivo fondamentale, la crescita.
Sean Ellis, colui che ha coniato il termine Growth Hacking, come descritto in questo precedente articolo, si definiva lui stesso il primo marketer in Dropbox.
Marketer era il termine che più utilizzava per definirsi quando ancora non esisteva il termine growth hacker.
Molti dei growth hacker di oggigiorno si definiscono CMO (Chief Marketing Officer) o VP of Marketing.
Inoltre, sempre più aziende e startup decidono di avere al loro interno dei Growth Lead, VP of Growth o growth hacker appunto. Il punto è che vengono ancora chiamati digital marketer.
Quindi, marketer e growth hacker non sono due figure opposte. Hanno semplicemente priorità e obiettivi diversi.
#3 Il Growth Hacker non fa attività poco etiche
Quando riduci il tuo focus su un singolo obiettivo, in questo caso la crescita, corri il rischio di dover compiere delle scelte che a volte vanno contro i principi o gli interessi di altre persone.
Alcune strategie di growth hacking possono essere criticate perché, ad esempio, si basano su tecniche aggressive per ottenere i dati degli utenti di un servizio.
Airbnb stesso quando ha sfruttato le vulnerabilità del sistema di Craiglist ha in un certo senso invaso il suo “campo di gioco”.
Ma quando si tratta di affari, ogni azione, che è volta ad aumentare gli utenti di un servizio, è fondamentale.
Quindi il punto è un altro.
Molti growth hacker non devono nemmeno chiedersi cosa sia etico fare o meno.
L’unica domanda guida che devono sempre porsi è: come posso far crescere questo business?
Alla fine, progettano le funzionalità dei prodotti per incrementare le conversioni e li lanciano sul mercato attraverso i canali di distribuzione che reputano più adatti per quel business specifico.
Non è poco etico, è semplicemente smart! 😉
#4 I Growth Hacker hanno una mente analitica
Uno degli aspetti principali di un growth hacker è il suo amore per gli analytics, cioè gli strumenti di monitoraggio.
[ctt title=”‘Gli Analytics sono il sangue che fluisce nelle vene di un Growth Hacker'” tweet=”‘Gli Analytics sono il sangue che fluisce nelle vene di un Growth Hacker’ @gerardoforliano” coverup=”Z9r3U”]
Senza gli analytics il growth hacker si sente nudo, privo dello stretto necessario per un lavoro professionale.
Perché sono così importanti? Te lo spiego in 4 punti.
Gli Analytics dicono sempre la verità
Il mondo del marketing è spesso contraddistinto da persone che lavorano per sensazioni ed emozioni.
Del resto è il loro compito: devono investire di sentimenti il proprio pubblico in modo da indurlo a sentire il bisogno urgente di acquistare il loro prodotto o servizio.
Ma adesso i tempi sono cambiati.
Ora poco importa quanto carismatico sei in un meeting o soprattutto quanto sono potenti le tue idee.
Gli Analytics mostreranno le tue capacità o meno. Punto.
Dan McKinley, software engineer in Etsy, ha raccontato una storia interessante su un loro insuccesso, la funzionalità di scrolling infinito.
Dopo aver impiegato 5 mesi per creare questa funzionalità per la pagina principale prodotti in Etsy, il suo team di sviluppo rilasciò la nuova versione.
Celebrarono l’avvenimento, tutti felici e contenti.
Peccato che qualcosa andò storto.
Infatti giunsero i numeri: le statistiche dimostrarono che si verificò un leggero aumento degli acquisti attraverso la ricerca dalla search bar, a discapito degli acquisti effettuati direttamente sulla lista dei prodotti.
In poche parole, i consumatori si erano sbarazzati dell’infinite scroll, in quanto evidentemente poco apprezzato.
In una slide della presentazione di Dan alla board di marketing, c’era scritto “Infinite Scroll. So hot right now.”. Ma “hot” non è abbastanza!
Se non avessero monitorato la situazione tramite gli Analytics, difficilmente avrebbero scoperto questo andamento negativo.
Gli Analytics indirizzano il focus del Growth Hacker
Quando hai dei tool che tracciano il tuo prodotto e le attività al suo interno, i numeri possono spostare il tuo focus verso ciò che conta davvero per il business.
Dopo aver indagato tra i dati, potresti renderti conto, ad esempio, che più del 20% di tutte le nuove registrazioni proviene dal sistema di referral che hai sviluppato nei mesi precedenti, e che il suo lifetime value è più alto della media degli utenti.
Sai benissimo che puoi rendere più efficiente quel sistema, perciò convincerai il tuo team a concentrarsi su quella feature nelle prossime settimane.
Gli Analytics ti aiutano a dare una priorità alle task presenti nella tua todo list.
Scusa se è poco! 😉
Gli Analytics rendono il successo ripetibile
Quando non utilizzi gli Analytics nel modo giusto, non puoi ripetere il successo passato efficientemente.
Se la startup ha fatturato di più nel Q4 che nel Q3, ti potresti chiedere quale sia il motivo di questo evento.
E’ perché si sono registrati più utenti alla tua piattaforma web o perché sei riuscito a convertire un numero maggiore di utenti già registrati?
Come puoi immaginare, senza i dati alla mano non puoi dare una risposta certa.
Se sai invece cosa sta andando alla grande e cosa nello specifico ti sta portando verso il successo, allora puoi facilmente ripetere ciò che funziona. Ed ovviamente sospendere ciò che non va.
Gli Analytics predicono il futuro per un Growth Hacker
Le aziende fanno delle scommesse sul futuro ogni giorno.
Scommettono su cosa faranno i propri competitor, scommettono su cosa vuole il mercato, scommettono su quali saranno le tendenze del loro settore nell’anno successivo.
Insomma si scommette sempre!
E’ ovvio, il futuro sarà sempre una questione di scommesse ma il ragionamento induttivo basato sui dati può aiutare a prendere decisioni ponderate sul domani.
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Perfetto, andiamo avanti.
#5 Le competenze di un Growth Hacker lo rendono versatile
Quando si tratta di growth hacking, si parla di “T-shaped skills”.
Infatti le skill che un growth hacker deve possedere formano sostanzialmente una T maiuscola.
Ora mi spiego.
La parte orizzontale della T rappresenta tutte le diverse conoscenze che un growth hacker ha bisogno di avere, anche se solo a livello generale.
Deve sapere un po’ di psicologia, un po’ di viralità, un po’ di email marketing, un po’ di… tantissime altre cose!
Ma non è abbastanza, bisogna specializzarsi.
Perciò deve avere nel suo bagaglio quelle competenze che creano la linea verticale della T.
Queste sono le skill in cui eccelle, in cui può considerarsi un esperto.
Magari è uno specialista del Conversion Marketing, magari lo è del SEO o magari del coding.
Non finisce qui.
Ciò che separa un vero professionista da tutti gli altri è che non si accontenta.
Non gli basta padroneggiare un’abilità, vuole di più.
Vuole la V-shape: migliorare le conoscenze nelle altre sue soft skills (o competenze orizzontali).
Continuando ad affinare le altre sue competenze, non ha più una sola linea verticale ma molte. Questo crea proprio la forma a V.
#6 I Growth Hacker sono spesso molto creativi
I growth hacker parlano così tanto di dati, analytics, funnel e quant’altro che è facile dimenticarsi della loro creatività.
Certamente i numeri sono importanti e spesso decisivi per una strategia vincente ma lo sono anche la curiosità, la fantasia, la cura del dettaglio ed il contenuto di qualità.
Come detto, la curiosità è importante.
Se vuoi far crescere un prodotto, devi sempre farti delle domande.
I growth hacker hanno la necessità di pensare a nuove soluzioni e testare nuove strategie.
Una mancanza di curiosità potrebbe porre fine agli sviluppi futuri del prodotto.
Alcuni esempi di domande che il growth hacker potrebbe farsi? Eccole:
- “Cosa accadrebbe se rendessimo accessibile il nostro prodotto solo su invito e non solo per la versione beta?”
- “Cosa potrebbe succedere se spingessimo i nostri utenti a compiere delle azioni ogni settimana per evitare che il proprio account venga disattivato per sempre?”
- “Quale risultato emergerebbe se lasciassimo decidere ai nostri clienti il prezzo del prodotto, incluso quello gratuito?”
In sostanza, se non avesse la capacità di porsi le domande più strane sul prodotto, sui suoi utenti ed i modi di distribuirlo, non potrebbe mai avere l’opportunità di scovarne qualcuna illuminante per la crescita.
#7 I Growth Hacker sono ossessionati dalla crescita
Potrebbe essere divertente pensare alla crescita come obiettivo per una settimana, ma per 6 mesi? Un anno intero?
Bisogna avere una capacità non indifferente nel concentrarsi su un goal specifico, escludendo qualsiasi altra cosa.
Perché mai un growth hacker dovrebbe essere ossessivo?
Innanzitutto, non è quasi mai la prima strategia a funzionare alla grande.
E mi spiace: molto probabilmente non lo sarà neppure la seconda, la terza e così via.
Ecco perché non deve mollare mai: potrebbero volerci decine e decine di strategie applicate prima di trovare la giusta chiave di volta per il successo.
Se il growth hacking fosse solo una questione di provare quattro o cinque soluzioni per vedere il cospicuo jackpot uscire dalla macchinetta, allora non sarebbe uno dei mestieri più richiesti sul mercato del lavoro e soprattutto più pagati.
Inoltre, spesso ci si fa l’idea che tutto ciò di cui si ha bisogno sia una sola grande mossa vincente.
Un qualche hack devastante per impossessarcisi dell’intero mercato.
Certo, i competitor possono essere messi fuori dai giochi ma per farlo, più che di un colpo impressionante, bisogna continuare a raccogliere tanti piccoli risultati importanti.
E’ necessario quindi avere una grossa dose di determinazione ed insistere con il proprio operato giorno dopo giorno, mese dopo mese.
Growth Hacker: conclusioni finali
Siamo giunti al termine di questo articolo.
Ora ti sarai sicuramente fatto un’idea più precisa di quale sia il profilo ideale per un growth hacker.
Ricapitolando, queste sono le 7 verità fondamentali sul growth hacker:
- Un Growth Hacker può non essere un programmatore
- Anche i digital marketer possono fare Growth Hacking
- Il Growth Hacker non fa operazioni poco etiche
- I Growth Hacker hanno una mente analitica
- Le competenze di un Growth Hacker lo rendono versatile
- I Growth Hacker sono anche molto creativi
- I Growth Hacker sono ossessionati dalla crescita
Abbiamo quindi parlato di Analytics, etica, soft e hard skills, fantasia, persistenza e molto altro.
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A me non resta che salutarti ed augurarti, come sempre, una “buona crescita”! 😉